Norman Foster: un’architettura tra luce e ambiente

Il progetto e il luogo

Il metodo architettonico è alla base dei progetti di Foster. Esso si basa, prima di tutto, sull’idea secondo cui «virtualmente, tutto quanto è costruito dall’uomo ha subito un processo progettuale che implica scelte e decisioni». In questo senso, l’architettura non è confinata a uno specifico campo d’azione, ma Foster considera ogni atto umano di trasformazione come architettura.
Quest’idea inserisce l’architetto in una linea anglosassone molto precisa che trova in William Morris e John Ruskin gli antecedenti. In questa tradizione di pensiero l’architettura è intesa come creatrice di una dimensione perduta di armonia, nella quale le necessità individuali coesistono. Questa concezione, di forte matrice utopica, è tradotta da Foster e il suo studio in una visione più realistica e attuale, che pone il progetto alla base di tutto il lavoro.

In relazione al lavoro di un gruppo coeso, Foster parla di «spirito di ottimismo» capace di arrivare a una «felicità» che è legata alla convinzione, per quando illusoria, di ripristinare un ordine possibile in un mondo disordinato. Il compito dell’architetto è quindi quello di offrire «uno spazio privato in un luogo affollato o un po’ di luce in una giornata cupa».
Il progetto viene quindi esteso a vari e multiformi aspetti della vita in cui il luogo è il suo atto fondativo.

 

«Ho sempre pensato che la qualità del design di edifici e infrastrutture fosse connesso allo spazio pubblico. Insieme possono migliorare la vita di tutti i giorni. La qualità del design influisce sulla qualità di tutte le nostre vite»

 

Il luogo viene considerato come vivo e per questo ha bisogno di una profonda analisi. Il progetto consiste, quindi, nella capacità di porre le giuste domande al luogo, considerando la sua complessità fisica e il suo affollamento. Foster immagina un luogo migliore «non grazie alla futura forma architettonica ma prima di ogni immaginata forma architettonica». Questo porta a un costante confronto con la dimensione sociale dello spazio.

 

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Carrè d’Art

Nîmes, Francia, 1984-1993

Un esempio di come il luogo prescelto possa influenzare il progetto è rappresentato da queste strutture; il progetto nasce a seguito di un concorso vinto nel 1984. Il programma prevedeva la realizzazione di un luogo polifunzionale innovativo che unisse mediateca e strutture museali, per una superficie di 6000 mq. L’edificio sorge di fronte al tempio romano del I sec. a. C. chiamato Maison Carrè. Il tempio, arrivato fino a noi in perfetto stato, si fa portavoce della storia della città di Nîmes.
Il nuovo edificio è strettamente legato a quello più antico grazie a un rapporto volumetrico cubico e alla presenza di un basamento sottostante.

 

Carrè d’Art, 1984-1993

 

La struttura principale presenta ampie vetrate per garantire la continua vista della città e l’accesso avviene tramite una scala coperta da pergolato.
“Luce” e “cultura” sono per Foster le parole chiave del progetto che presenta piani sia fuori terra che interrati, in modo che la luce naturale arrivi in ogni spazio. I livelli superiori presentano la collezione d’arte permanente, seguita da esposizioni temporanee e da una biblioteca al piano terra. Il complesso presenta anche un’ampia corte centrale associata idealmente alla rivitalizzazione della piazza antistante, sempre affidata a Foster.

 

Luci e trasparenze

Per Foster «l’unica cotante è il cambiamento» e ogni suo progetto tiene conto di questo aspetto in relazione al luogo. Ne risulta un’architettura definita dall’idea del costante movimento e interazione tra persone.
Ne emerge una sorta di “religione della trasparenza” che caratterizza i lavori di Foster. Attraverso la trasparenza si rendono visibili i flussi all’interno e si mantiene il contatto visivo e fisico con la realtà naturale esterna.

 

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Reichstag

Berlino, Germania, 1992-1999

Uno degli interventi in cui maggiormente si nota la predilezione dell’architetto per la luce e il vetro è il Reichstag di Berlino.
La ricostruzione del Reichstag rientra in un processo di trasformazione intrapreso dalla Repubblica Tedesca dopo l’unificazione del 1989.
Il Reichstag, bombardato durante la guerra, viene ripristinato secondo le condizioni originarie quali la posizione dell’ingresso principale e il rispetto della scansione in piani. La caratteristica del nuovo edificio è la cupola in vetro che copre l’aula del Parlamento, icona del nuovo stato unificato. La cupola è resa percorribile al pubblico con una vera e propria terrazza da cui si vede tutta la città.

 

Reichstag, 1992-1999

 

La cupola è anche espressione di una forte innovazione tecnologica orientata a uno dei temi principali per l’architetto: il risparmio energetico e il rispetto dell’ambiente. Essa, infatti, presenta un sistema di ventilazione naturale per tutto l’edificio, con al centro una lanterna rovesciata rivestita in batterie fotovoltaiche che trasformano l’energia solare in elettricità. Una centrale di cogenerazione alimentata da combustibili vegetali, poi, copre il restante fabbisogno energetico e il surplus prodotto viene stoccato all’interno di un bacino d’acqua sotterraneo profondo 300 m, pronto per essere reimmesso nell’edificio.

 

«La tecnologia esiste da quando esiste la civiltà. Non c’è nulla di nuovo e alcune delle innovazioni del passato potrebbero sfidarci oggi. Quindi bisogna pensare alla tecnologia nei termini del miglioramento della qualità della vita, creando energia pulita, riducendo l’inquinamento, fare fronte ai cambiamenti climatici … tutti aspetti correlati.»

 

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Sede della Swiss RE

Londra, Regno Unito, 1997-2004

L’ultima opera di cui vi vogliamo parlare fa parte dell’inconfondibile skyline londinese. Si tratta di un edificio che accoglie gli uffici di un’importante società di assicurazioni, posto sull’asse stradale di St. Mary. L’edificio è costituito da 41 piani (76 400 mq complessivi) con l’ultimo piano adibito ad ambiente panoramico che offre la vista a 360° sulla città. La struttura è frutto della sintetizzazione sul tema dell’edificio energicamente sostenibile e ha un importante precedente nella Commerzbank di Francoforte.

 

Sede della Swiss RE, 1997-2004

 

L’architettura esterna sfrutta delle modellazioni informatiche trasferite dagli studi aerospaziali in modo da creare una struttura che opponga la minor resistenza possibile al vento. Ne risulta una forma più snella dei grattacieli tradizionali pur avendo il loro stesso volume. Il sistema strutturale a spirale sostiene i triangoli vetrati che ne definiscono l’esterno. Giardini interni, sospesi a vari piani, favoriscono la climatizzazione dell’edificio rinfrescando naturalmente gli ambienti oltre a costituire spazi di ritrovo. Una struttura in cui viene affiancata alle innovazioni tecnologiche, quelle sulla qualità ambientale favorita da strutture reticolari.

 

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