Medardo Rosso, autore moderno tra luce, materia e spazio
In Maggio 18, 2020 da Greta MeroniDue parole su Medardo
Medardo Rosso è lo scultore della cera e della luce. Torinese per nascita (1858) e milanese d’adozione. Dopo essere stato espulso da Brera, si avvicina alle idee scapigliate. I suoi soggetti sono semplici e traggono ispirazioni dalla realtà dei Navigli intorno a lui: gente comune, anziani e bambini.
La vera novità di Medardo non risiede tanto nei soggetti ma nella concezione della materia scultorea e nella sua relazione con la luce e lo spazio circostante. Unico e mai banale nella sua produzione artistica, è sicuramente una figura affascinante, a tratti evocativa e misteriosa.
Un precursore o un contemporaneo?
Luciano Caramel, critico d’arte e curatore della mostra e rispettiva monografia Medardo Rosso, le origini della scultura moderna (Skira, 2010), ripercorre i legami tra l’opera di Rosso e la contemporaneità, facendo luce sul significato e le innovazione dell’opera dell’artista.
Caramel inizia la sua trattazione con premesse che lui reputa quasi superficiali ma necessarie. E necessarie sono, antidoto contro il termine moderno o ancor peggio attuale di cui oggi si abusa in molti studi e discipline.
La proposta di Rosso come attuale è presa in considerazione non più di quanto lo potrebbe essere l’opera di Raffaello.
L’opera d’arte infatti, quella di Raffaello tanto quella di Rosso, non è moderna e attuale in quanto tale ma è l’osservatore a proiettare sé e la sua contemporaneità sull’opera stessa. Questo ci ricorda che in qualche modo l’opera d’arte, nella sua natura di immagine, chiede sempre all’osservatore qualcosa e il rapporto tra osservatore e opera è spesso reciproco.
Boccioni si riferisce a Medardo Rosso come:
«al solo grande sculture moderno che abbia tentato di aprire la scultura a un campo più vasto, di rendere con la plastica l’influenza dell’ ambiente e i legami atmosferici che lo avvincono al soggetto. L’opera di Rosso è rivoluzionaria e modernissima.
(…)
Purtroppo le necessità impressionistiche del tentativo hanno limitato le ricerche creando una specie di alto basso rilievo, la qual cosa dimostra che la figura è ancora concepita come mondo a sé con base tradizionale e scopi episodici. La rivoluzione di Medardo Rosso, per quanto importantissima, parte da un concetto esteriormente pittorico, trascura il problema di una nuova costruzione dei piani e la modellazione col pollice, che imita la leggerezza della pennellata impressionista, dà un senso di vivace immediatezza, ma obbliga all’esecuzione rapida dal vero e toglie all’opera d’arte il suo carattere universale. Ha quindi gli stessi pregi e difetti dell’impressionismo pittorico, dalle cui ricerche parte la nostra rivoluzione estetica, la quale, continuandola, se ne allontana fino all’estremo opposto»
Con queste parole Boccioni prende le distanze da Rosso, in quanto lontano dalla sua poetica nonché dal suo tempo. Nonostante ciò, ne esalta la modernità, sottolineando e amplificando il peso delle sue opere e l’apporto innovativo.
Sebbene l’artista abbia «forzato dall’interno le convenzioni tradizionali della scultura senza ancora rivolgersi a ribaltamenti avanguardisti, è giustificato porre Medardo Rosso all’origine della scultura moderna.»
Così dicendo il critico prende le distanze dagli studi che vedono Medardo come attuale in senso stretto. Ne deriva la necessità di considerare le opere di Medardo Rosso rispetto alla contestualizzazione storica.
Caramel acutamente paragona questo rapporto artistico conflittuale a quello dell’ultimo Cézanne: quel Postimpressionismo che ha però in sé i germi dell’Avanguardia cubista.
Nell’opera di Rosso sembrano esserci degli apici stilistici d’innovazione che precorrono l’Avanguardia. Madame X sembra essere una visione profetica alla cui base sono presenti una semplificazione di forme fino all’essenziale. Il naso e gli occhi solo accennati, in una sintesi plastica estrema, verranno poi ripresi da Brancusi ma, diversamente da quest’ultimo, Medardo mantiene una materia non levigata.
Medardo Rosso e la fotografia
Carlo Bertelli,nella stessa monografia di Caramel, introduce la relazione tra Medardo e la fotografia mostrando non solo gli esperimenti fotografici ma anche le contraddizioni celate dietro all’utilizzo di questo medium. Bidimensionale e priva di materia scultorea, la fotografia fa sì che la scultura diventi «l’ombra e il residuo della luce in cui la scultura sembra restituire alla scultura il vissuto d’emozione visiva da cui è nata.»
La scultura non viene più considerata solo come un blocco di materia ma accoglie in sé, inseparabile da sé, l’atmosfera che ha intorno, la fotografia dell’opera mette in risalto le sue qualità.
Il rapporto tra realtà e fotografia è però ambiguo e complesso. Quest’ultima infatti è priva degli attributi essenziali dell’esperienza: colore e profondità. Essa, se priva di punti di riferimento, non dà conto dell’oggetto nelle sue dimensioni e della relazione con lo spazio reale.
Intuizione
«Rosso tende a farci vivere i momenti affettuosi della modellazione» come se volesse tornare attraverso la fotografia al momento magico dell’intuizione. Oltre a questo rifiuta la fotografia tradizionale come qualcosa che sta dentro a una cornice rettangolare e questo lo porta a interventi successivi all’immagine che viene tagliata e modificata per direzionare lo sguardo su punti e frammenti precisi dell’opera.
La fotografia è per Rosso quindi un formidabile mezzo di comunicazione e analisi retrospettiva.
La critica: opinioni contrastanti
Nell’analisi delle opere di Medardo Rosso in relazione alla fotografia, la critica si divide. Gloria Moure, che nel 1996 ha organizzato la prima mostra fotografica di Rosso, ritiene che solo con questo medium, l’artista abbia «raggiunto l’effetto finale che ricercava». In aperta polemica con le sue opinioni, che avrebbero forzato troppo l’interpretazione dell’opera, Luciano Caramel ribadisce che la scultura e non la fotografia «costituisce il raggiungimento ultimo di Rosso» e che il superamento della statuaria e della scultura-oggetto «avviene entro, e non oltre, la scultura.»
A questi si aggiunge una nuova visione nella mostra alla collezione Peggy Guggenheim di Venezia curata da Paola Mola nel 2007 la quale porta l’attenzione sulla instabilità dell’immagine causata dal suo trasferimento da un medium all’altro.
A questa mostra ne sono seguite molte altre che, partendo da questi studi hanno messo via a via in risalto aspetti diversi della fotografia di Rosso come la serialità e l’aspetto materico del medium.
In realtà è difficile attribuire le singole foto a un’unica mano: alcune firmate inequivocabilmente, altre sembrano semplicemente foto d’archivio. La fotografia rimane quindi, per la maggior parte dei critici, un «mezzo verso un fine e insieme un fine in sé stesso che, tuttavia, non sostituiscono la sua produzione scultorea.» (Becker)
Medardo tra scultura e pittura
Questo è un uomo che legge un libro, semplice da percepire nella prima immagine. La figura, che si delinea nella materia, svanisce del tutto nell’immagine successiva. Questo accade perché Medardo scolpisce avendo in mente ogni volta un unico punto di vista prediletto. Con le sue sculture l’osservatore è invitato attivamente a ruotare attorno all’opera in cerca del punto di vista giusto, quello attraverso il quale si delinea in modo chiaro la figura.
Si può vedere nell’utilizzo della fotografia anche il tentativo del ritorno e rimando alla superficie pittorica. Se è vero quello che Boccioni rimproverava a Rosso, la prevalenza cioè di un’aspetto pittorico, esso è da ritrovare non solo nella modulazione della cera, fatta di piccoli tocchi con le mani che ricordano le pennellate, ma anche in questo utilizzo della fotografia.
Sempre per questo motivo l’artista si è battuto durante le esposizioni perché le sue sculture non fossero isolate e considerate come oggetti ma messe in relazione con quadri in un dialogo continuo che l’osservatore potesse cogliere.
Quella tendenza dunque a unire luce e materia si rivela anche nella sua concezione espositiva.
Medium
Se l’attenzione alla fotografia da parte dell’artista ancora oggi suscita diversi dibattiti, è certa l’attenzione di Medardo del medium scultoreo. Per quanto abbia utilizzato più materiali per le sue sculture come gesso e bronzo, sicuramente nelle sue opere si nota una predilezione per la cera. Essa infatti permette, non solo un effetto pittorico, ma anche e soprattutto una possibilità luministica infinita. Le velature, trasparenze, sovrapposizioni della cera riescono infatti a creare chiaroscuri appena accennati o più marcati, a seconda della volontà dello scultore.
Si può parlare in questo senso di un’opacità sempre maggiore del medium utilizzato, nella scultura tanto quanto nella fotografia, in cui il soggetto spesso volutamente si perde lasciando invece spazio a quella che è la protagonista assoluta delle opere di Medardo: la luce.
Rosso e lo spazio
Già nell’Uomo che legge, come in molte altre opere dell’autore, si può notare uno degli aspetti che maggiormente hanno reso la sua arte tanto rivoluzionaria. Oltre a luce, materia, per la prima volta in scultura si attribuisce un vero valore allo spazio. Le piccole sculture di Medardo sono, infatti, sempre immerse in un contesto perlopiù cittadino. Un lembo di strada, un lampione, una tenda sono tutti elementi che inglobano e in qualche modo influenzano la figura. Nell’Uomo che legge, la strada con il suo dinamismo e velocità, abbraccia la figura fondendosi ad essa e al contempo sembra generarla. Questo aspetto, che verrà poi ampiamente ripreso dal Futurismo e in particolare dalle opere di Boccioni, testimonia la volontà di Medardo di calare le sue opere nel contesto che abitano. Un contesto della Parigi contemporanea all’autore piena di innovazioni e contraddizioni, ma anche colma di figure e scene quotidiane che costituiscono i soggetti prediletti dell’autore.