La spesa online ai tempi del coronavirus: i motivi di un’occasione mancata
In Aprile 24, 2020 da Riccardo GiannattasioSpesa online impossibile, siti di e-commerce che consegnano dopo settimane, filiera della stampa e della distribuzione in difficoltà. Abituati ai servizi di consegna a domicilio delle grandi marche, pensavamo che queste ci avrebbero aiutato anche in un periodo di emergenza. E invece no: ci hanno lasciato a piedi. Il negoziante sotto casa, la ferramenta di paese e l’ambulante che non può fare il mercato ci sono venuti in soccorso: molto più bravi loro a gestire le consegne.
Internet ci sta aiutando a comunicare ma non a mangiare
Nessuno ha più dubbi: se la pandemia fosse capitata in un mondo senza internet sarebbe stata una tragedia ancora peggiore. Niente telelavoro e niente lezioni a distanza: il virus in un mondo analogico avrebbe condotto a una recessione culturale ed economica ben peggiore di quella che stiamo vivendo e che vivremo. Quindi immagino che tutti coloro che sfruttano le tecnologie, in questo periodo lodino internet.
Ma prima del coronavirus anche la maggior parte dei nostri acquisti passava da internet. Non era così per tutti ovviamente, ma di certo alcune categorie di popolazione usufruivano delle meraviglie dell’e-commerce, sviluppando una certa mania di onnipotenza. Il tempo che trascorreva fra il click del mouse (o il tap sul cellulare e sul tablet) e il drin del corriere che suonava al tuo campanello spesso si riduceva a due ore, il tempo che il servizio di consegna Amazon Prime Now garantiva su alcuni prodotti in alcune zone densamente popolate d’Italia. Poi è arrivato il coronavirus e tutti i sistemi sono andati in tilt.
Alcuni esempi
Esselunga, Carrefour, Amazon Prime Now e tutte le principali insegne che offrono il servizio di consegna a domicilio della spesa che si ordina online sono in tilt in tutta la Lombardia. In altri luoghi d’Italia è molto probabile che la situazione sia la medesima, con l’eccezione forse di zone meno densamente popolate (dove però il servizio potrebbe non essere attivo).
Supermercato24 invece è una piattaforma che aggrega più insegne ed è indipendente rispetto a queste: nulla di fatto neanche lì.
A meno di non tentare innumerevoli volte, accompagnati dalla fortuna e con qualche notte insonne, è impossibile acquistare online la spesa con consegna a domicilio. Stesso problema anche con quei supermercati che offrono il ritiro nel punto vendita della spesa online.
Inutile proporre soluzioni, anche perché ora siamo in piena emergenza e tutte le piattaforme espongono vaghi avvisi: «la domanda è aumentata in maniera imprevedibile: stiamo cercando in tutti i modi di migliorare». È certo però che almeno tre potrebbero essere i problemi.
Server, dark store e rete di consegna
I server sono quasi sempre lenti e sottodimensionati rispetto alla domanda di questi giorni, ecco dunque spiegati quei casi in cui, riempito il carrello, non si riesce a concludere il pagamento.
Il dark store è il centro di distribuzione della merce acquistata online usato da molti supermercati che offrono direttamente il servizio di consegna a domicilio (dunque non entra in gioco nel caso di servizi come Supermercato24). È molto probabile che sia a quell’altezza della filiera a essersi creato un intoppo: il magazzino delle scorte dei dark store non riesce a essere sincronizzato in tempo reale con ciò che vedono migliaia di clienti davanti al computer.
La rete di consegna poi non era certamente all’altezza dell’incarico, ma se fosse stato solo questo l’anello debole della catena, sarebbe bastato assumere ulteriore personale. Di fatto anche qui la struttura era pesantemente sottodimensionata.
Il commercio al dettaglio ha vinto
Nel momento in cui la grande distribuzione tradisce i propri clienti, viene in soccorso il commercio al dettaglio. Ma i piccoli negozianti sotto casa non hanno aiutato solo i clienti che presso di loro si sono sempre serviti: hanno permesso di sopravvivere anche ai clienti abituali dei supermercati. Come si faceva prima di internet, il passaparola fra gli abitanti del quartiere ha fatto conoscere negozi a due passi da casa di cui ci eravamo completamente dimenticati. I gruppi Facebook di residenti, che spesso ospitano lamentele piuttosto sterili, si sono rivelati fonte di informazione e di numeri di telefono di ambulanti e commercianti che consegnavano a domicilio (magari il giorno stesso dell’ordine e senza costi aggiuntivi).
Nessuna condanna ai supermercati, ma due propositi per il futuro
Un supermercato dà lavoro a decine di famiglie, offre un’incredibile varietà di scelta, spesso garantisce offerte imbattibili, e a qualcuno piace pure andarci. Quindi nessuno vuole dire di male dei supermercati. Ma è stata tutta colpa di quello che ci eravamo immaginati: pensavamo che il mondo pantagruelico del commercio online fosse davvero solido e che ci fosse dietro un’infrastruttura incrollabile. Ci sbagliavamo e ce ne dovevamo già accorgere durante le passate vacanze di Natale, quando la rete di distribuzione dei siti di e-commerce è crollata e molti regali sono arrivati solo per l’epifania.
Il commercio online è una risorsa incredibile che in una situazione di emergenza potrebbe essere anche uno strumento salvavita; si è tuttavia rivelato debole come un castello di carte. Dunque due potrebbero essere le lezioni da imparare.
La prima: non esistono solo i supermercati. Anche se il commercio online e la spesa in e-commerce venissero potenziati, non pensiamo sempre che sia il negozio dall’ampia metratura a garantire il servizio migliore. Spesso è il commerciante del quartiere a offrire qualcosa di diverso di cui non dovremmo dimenticarci.
Secondo: abbiamo tutte le tecnologie in nostro pugno. Server adeguati, informatici intelligenti, esperti di marketing e un’enorme domanda da parte dei clienti. Peccato che non siamo in grado di andarle in contro. Se le infrastrutture fossero state adeguate, è certo che la spesa online avrebbe potuto fare del bene alle comunità e alle persone, ma avrebbe probabilmente fatto del bene anche ai fatturati delle grandi insegne. Non hanno saputo soddisfare la domanda e probabilmente hanno rinunciato a dei ricavi. Un’occasione mancata anche per loro.