Appunti su Matisse
In Marzo 14, 2020 da Greta Meroni«Una vita come luce, una luce che si esprime in colore. In colore e in linea, dovremmo aggiungere, perché anche il disegno di Matisse è una traccia e un modulo di quella vita e di quella luce e segna la profonda immissione dei corpi in quel loro ritmo.» (Mario Luzi)
Così scrive il poeta novecentesco Mario Luzi a proposito di Matisse, uno dei suoi artisti preferiti. Testo introduttivo ai Classici dell’arte (Rizzoli 1971) viene ristampato in Matisse – La gioia, e oltre (Rizzoli, 2000). L’intervento di Luzi dimostra che quando i poeti iniziano a parlare di artisti si ha sempre qualcosa di unico. Prefazione che è anche saggio, mai troppo specifico, ma in cui non manca niente, sia che voi siate appassionati di Matisse o neofiti.
Un testo piacevole, chiaro, lucido che coglie, spesso in poche frasi, l’essenza e i nodi fondamentali dell’opera di Matisse.
Quella di Matisse è una pittura fatta di colore e luce; traspare sempre una gioia di vivere e una levità mai superficiale che nel tempo riesce a distinguersi in quanto frutto di una profonda ricerca personale mai svincolata dall’animo dell’artista.
Due parole su Matisse
Matisse si avvicina all’arte a venti anni, dopo un attacco di appendicite che lo costringe a letto. Lascia il lavoro da impiegato statale per dedicarsi alla sua passione, con grande rammarico del padre che avrebbe preferito una rassicurante scrivania.
Già nel 1904 con Lusso, calma e voluttà vediamo come, nelle mani di Matisse, il puntinismo di Signac diventi qualcosa di nuovo, grazie a una linea sinuosa e a un uso diverso del colore.
Nel 1905 Matisse espone Donna con cappello che lo consacrerà come fauvista insieme a Derain, Vlaminck e altri artisti. Il soprannome Fauves (belve) viene attribuito dal critico d’arte Louis Vauxcelles per il modo violento e selvaggio con cui il gruppo di artisti usa i colori. Per loro l’uso potente dei colori, distaccato dalla resa effettiva della realtà, è un modo per esprimere il proprio stato d’animo e l’urgenza espressiva.
Matisse continua poi una ricerca personale influenzato dall’Africa, dalla cultura islamica con una vena decorativa. Proprio da questa ricerca personale si delinea uno stile unico che porterà ai suoi capolavori di cui La Danse (1909/10) è uno dei vertici.
Non mancano quadri con nature morte e ritratti. Nell’ultima impresa per la chiesa di Vence, concepita come un vero e proprio testamento, si trova ad «affrontare un dramma che non era suo. Sofferenza, espiazione, resurrezione cristiana erano estranee non alla sua visione della storia umana, ma certo alla cosmologia della luce che muove il suo talento» (Luzi). Ecco che ancora una volta Matisse crea qualcosa di unico per la cappella, trionfo di solarità e luce.
Con Matisse si ritorna un po’ bambini
Si dice essere felice come un bambino perché la felicità infantile coglie gli aspetti più semplici della nostra vita restituendoci un senso di spensierata pienezza, che le parole non possono cogliere appieno. Riuscì a cogliere la felicità nel suo aspetto più intimo e primordiale.
Matisse forse è anche questo: molto diverso dall’idea a cui viene associato l’artista d’avanguardia. Quell’alone di disperazione, pazzia, euforia sembra non trovar posto nell’anima di Matisse sempre tranquilla e serena.
Spesso crescendo si rischia di perdere gli occhi sognanti con cui guardavamo il mondo da bambini.
Osservando Matisse sembra quasi di tornare con la mente agli anni dell’infanzia e, al contempo, dipinge istanti effimeri rendendoli eterni. Chi l’ha detto che l’eternità necessiti di complessità?
Osservando Matisse: consigli di lettura
L’intervista perduta
Il pregio di Matisse è la freschezza con cui le forme si muovono nello spazio. Figure semplificate, ridotte all’essenziale, ma mai prive di dinamicità. Figure che nella loro semplicità pulsano di vita e gioia.
Con il tempo anche la scelta dei colori viene ridotta all’essenziale. Tre come il numero perfetto.
Il blu del cielo, il verde della terra e il rosa della carne: così da avere uomo, terra e cielo.
Questi sono i colori de La Danse che cambiano leggermente nelle vetrate della Cappella di Vence: blu, verde, giallo: cielo, terra, luce. Sicuramente la luce non poteva mancare nel suo testamento.
Un libro sicuramente da leggere per conoscere aneddoti, pensieri e curiosità su Matisse è L’intervista perduta edito da Skira, dalla storia editoriale tanto complessa quanto affascinante.
Nel 1941, a 72 anni, convalescente dopo un operazione chirurgica, Matisse rilascia una intervista al critico Pierre Courthion. Il critico riunisce un flusso di pensieri frutto di giorni diversi su diversi fogli che avrebbero dovuto dar luogo a un libro, sfida non priva di ostacoli.
Il testo prende vita con le correzioni accurate di Matisse: del resto è della sua vita che si parla.
Si aprono poi una serie di carteggi preoccupati tra Matisse, Courthion e l’editore; tutti fedelmente riportati all’inizio del volume. Il progetto iniziale naufraga e le bozze vengono relegate all’archivio. Sarà solo dopo diverso tempo che lo storico dell’arte Serge Guilbaut ritrova un po’ per caso, una scatola con le bozze del progetto.
L’intervista viene, così, finalmente pubblicata nel 2015.
Scritti e pensieri sull’arte
Un altro consiglio di lettura è legato a una collana che personalmente adoro: Scritti e pensieri sull’arte (Abscondita 2014) in cui la curatrice Dominique Fourcade scrive: «Sino ad ora la maggior parte delle idee sull’arte di Henri Matisse ci era nota attraverso interviste e dialoghi. Questo volume, che raccoglie i suoi scritti sull’arte, sulla pittura, sul proprio mestiere, su maestri e contemporanei, è dunque un libro in qualche modo sorprendente»
La verità è che per conoscere a fondo un personaggio unico come Matisse si potrebbero consigliare ancora molte letture, e al contempo solo le sue opere sono capaci realmente di esprimere a pieno la forza, la semplicità e la profondità del suo pensiero.
Dall’olio, ai papiers collés, alle sculture (meno conosciute), alle vetrate di Vence, lo stile e la visione di Matisse riesce a creare qualcosa di inconfondibile in tutti questi campi. Sempre pronto a trasportarci nel suo mondo senza dimenticare uno sguardo teso al reale. Quando disegnava i passanti e i ciclisti per cogliere il movimento nella velocità, pensava alle parole di Delacroix: «un pittore dovrebbe saper disegnare un uomo che precipitata dal sesto piano mentre sta cadendo».