Ai giovani piacciono le cose difficili

Non continuiamo a semplificare argomenti e spiegazioni. Molto spesso difficile vuol dire bello

I giovani studenti sono difficili da domare: sembra che più il professore si sforzi di trovare metodi innovativi e tagli inediti per affrontare la materia, più lo sguardo del suo uditorio viri verso il cellulare sotto al banco e le penne siano intente a scarabocchiare al lato della pagina.
Pensavo che questa ricerca del sensazionale e dell’inaudito fosse solamente una tendenza della scuola, e che con l’esame di maturità tutto cambiasse; inaugurata l’epoca in cui scegli di svegliarti al mattino e andare a seguire le lezioni in università, tutto è rimasto uguale. Molto spesso un professore di fronte a un uditorio di giovani si fa intimorire e perde la fiducia nella materia che insegna. Lo si vede da come presenta gli argomenti. Sembra che sia certo che le cose belle non possano esserlo oggettivamente e che bisogni, a tutti i costi, trovare degli espedienti per indorare la pillola (quale pillola poi?) e dei mezzucci per rendere accattivante ciò che si afferma.
Molto spesso si ricorre all’aggettivo “moderno”, capace, secondo coloro che ne fanno questo uso, di trasportare immediatamente un’opera d’ingegno di secoli fa nella sfera del quotidiano. Il dolore di Didone e il suo suicidio diventano immediatamente moderni; com’è moderna l’espressione stupita di San Matteo che dipinge Caravaggio; com’è moderno Dante che sviene quando vede che l’amore di Paolo e Francesca perdura anche all’Inferno.
Altre volte si fa eccessivo ricorso all’esempio pratico. Il professore rinuncia alla definizione a priori. Non si afferma che l’emittente in linguistica è colui che emette un messaggio, ma si ricorre subito all’inutile esempio e si dice: “L’emittente è quando voi parlate con un vostro amico e gli dite che oggi c’è il sole”.

Leggi anche:   Requiem di Tabucchi: l'opera più portoghese di un ottimo scrittore italiano

Quando le parole non bastano

Ancor più morboso è il fenomeno del ricorso sistematico a sussidi (intenzionalmente uso questo sostantivo) alla didattica, con il dichiarato intento di rendere meno noiosa la lezione. Le slide sono ormai andate fuori moda: si spiega un argomento usando i nuovi siti internet che offrono la possibilità di creare mappe concettuali interattive, i video, le lezioni tenute da altri insegnanti che si ritiene possano spiegare meglio.

Da ultimo, il male peggiore: strategie didattiche mutuate da un certo ambiente lavorativo di cui l’insegnante non ha mai fatto esperienza. Ecco che fioriscono i molti casi di coworking, il semplice lavoro di gruppo – che da sempre ha dato buoni e cattivi risultati, in base all’occasione -, oggi è diventato esercizio in preparazione al mondo del lavoro. Si creano piccole imprese fittizie con i compagni di classe e l’esame è la creazione di un lavoro corale, in cui, alla fine, prevale il ragazzo più spigliato e gli altri ricevono un voto d’ufficio.
Lungi da me l’idea che la tecnologia e le nuove strategie più vicine al mondo del lavoro siano deleterie; non vorrei che qualcuno pensasse che non trovi incredibile notare che ciò che colpiva Leopardi della vita è ciò che colpisce anche noi. Sia ben chiara una cosa però: tutte queste strategie non fanno altro che allontanare i giovani studenti dalla materia, perché questa non si affronta, ma si circumnaviga, e questo ai ragazzi non piace.
La produzione artistica, d’ingegno, in una parola l’arte è tale perché, se ben analizzata e studiata, soddisfa la sete di umanità che hanno gli uomini di ogni epoca.

Manzoni scrive:

«Si potrebbe però, tanto nelle cose piccole, come nelle grandi, evitare, in gran parte, quel corso così lungo e così storto, prendendo il metodo proposto da tanto tempo, d’osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare.
Ma parlare, questa cosa così sola, è talmente più facile di tutte quell’altre insieme, che anche noi, dico noi uomini in generale, siamo un po’ da compatire.» (I promessi sposi, cap. 31).

Manzoni non è moderno, e non è incredibile che duecento anni fa abbia scritto l’antidoto alle fake news e al diffondersi di leggende metropolitane; qui è semplicemente geniale, in quanto profondo osservatore della storia e della sua contemporaneità, tanto da parlare ad ogni epoca.
Il professore non dovrebbe continuare a semplificare le questioni se non possono essere semplificate: ai giovani piacciono le cose difficili e provano maggiore soddisfazione ad interpretare il pensiero di Manzoni leggendolo, piuttosto che nel vedere sciorinata una pseudo verità del professore, che vorrebbe ridurre tutto sul piano dell’oggi attraverso delle coloratissime slide.